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NBA weekly recap #1

Classifiche

Eastern Conference

  1. Toronto Raptors 5-0 1000
  2. Atlanta Hawks 5-1 833
  3. Cleveland Cavaliers 4-1 800
  4. Detroit Pistons 3-1 750
  5. Washington Wizards 3-1 750
  6. Chicago Bulls 3-2 600
  7. Miami Heat 2-2 500
  8. New York Knicks 2-3 400
  9. Milwaukee Bucks 2-3 400
  10. Indiana Pacers 2-3 400
  11. Boston Celtics 1-3 250
  12. Charlotte Hornets 1-3 250
  13. Orlando Magic 1-4 250
  14. Philadelphia 76ers 0-4 000
  15. Brooklyn Nets 0-5 000

Western Division

  1. Golden State Warriors 5-0 1000
  2. Los Angeles Clippers 4-1 800
  3. Minnesota Timberwolves 2-1 667
  4. Memphis Grizzlies 3-2 600
  5. Oklahoma City Thunder 3-2 600
  6. Phoenix Suns 3-2 600
  7. Portland Trail Blazers 3-2 600
  8. San Antonio Spurs 3-2 600
  9. Dallas Mavericks 2-2 500
  10. Denver Nuggets 2-2 500
  11. Utah Jazz 2-2 500
  12. Houston Rockets 2-3 400
  13. Sacramento Kings 1-4 200
  14. Los Angeles Lakers 0-4 000
  15. New Orleans Pelicans 0-4 000

Abstract Premessa: non c’è niente di più ingannevole dell’NBA di ottobre e dei primi di novembre. Troppe sono ancora le variabili che influenzano la partenza di una squadra nel sistema americano, fino almeno a fine mese sarà difficile anche solo tracciare delle tendenze. Però intanto alcune indicazioni sono arrivate. La prima è che Golden State è ancora la squadra da battere, visto il modo in cui ha non solo battuto ma proprio asfaltato le prime 5 avversarie con cui si è confrontata. Le altre contender per adesso sono difficili da giudicare. Nessuna ha toppato la partenza, ma nessuna ha neppure impressionato con prestazioni superiori alla media. D’altronde tutte hanno cambiato abbastanza in estate o nel roster o in panchina o in entrambi e quindi un po’ di rodaggio è necessario. Discorso diverso per Cleveland (che comunque è 4-1), che però è priva di Shumpert e soprattutto Irving per infortunio. Disastri annunciati quelli di 76ers e Lakers, un po’ meno quello di Brooklyn, sorprende la falsa partenza dei Pelicans, che però hanno troppe assenze attorno a Davis per poter essere da corsa. Male anche i Kings che hanno confermato come i timori su una chimica di squadra difficile fossero fondati. Tra le sorprese, presto per giudicare i T’wolves giovanissimi che finora hanno giocato solo 3 partite contro avversari non indimenticabili, invece hanno ribaltato i pronostici i Detroit Pistons, che hanno vinto le prime tre partite costringendo anche Atlanta all’unico stop stagionale fin qui, e soprattutto i Trail Blazers. Da Portland tutti si aspettavano una stagione a perdere, e invece per adesso, nonostante il ridimensionamento estivo, Lillard e compagni stanno tenendo alto l’onore con un record identico a Spurs e Thunder per dire.

Riflettori su: Toronto Raptors Nel riassunto non abbiamo citato la formazione canadese, partita con un 5-0 che rappresenta il record storico della franchigia (mai andata oltre i tre successi di fila in apertura), perché è meritevole di un approfondimento a parte. Indiana, Boston, Milwaukee e Dallas potevano essere quattro avversarie alla portata, ma il successo sul terreno degli Oklahoma City Thunder al termine di un match tiratissimo e con continui cambi di fronte certifica come i Raptors, almeno al momento, siano a pieno titolo parte dell’élite NBA. La chiave di questo inizio della squadra di coach Casey è senza dubbio nella metà campo difensiva. Nelle prime 4 uscite gli avversari sono stati lasciati sotto il 40% dal campo e anche nel match della Chesapeake Arena Durant e Westbrook sono stati contenuti, per quanto umanamente sia possibile, a 49 punti in due con 40 tiri (10 punti meno della loro media). Difficile fare di più. L’arrivo di Carroll nella free agency d’altronde era già un segnale in questo senso. In attacco non ci sono problemi, soprattutto se DeRozan e Lowry in attacco saranno ancora questi da oltre 22 e 19 di media e Valanciaunas si confermerà una macchina da doppie doppie. riconoscimento va anche a Ujiri Masai, che da g.m. continua a non sbagliare un colpo, senza paura di fare mosse anche impopolari o comunque apparentemente difficili da capire che però alla fine si rivelano sempre vincenti.

L’uomo della settimana: Steph Curry Non si può che ripartire dall’MVP dell’ultima stagione. Ci sono state prestazioni eccellenti, i due record di Duncan (quello in coabitazione con Parker e Ginobili come terzetto più vincente della storia e quello di atleta più vincente con la stessa maglia), i 25000 punti in carriera di LeBron, però niente di impressionante come l’inizio di stagione del play dei Warriors, che sta viaggiando su cifre che si fatica a ricordare. Anzi, si ricorda perfettamente l’ultimo precedente, anno 1991, autore un certo Michael Jordan. Giusto per dire. 35,8 punti di media, con una da 53 già in carniere e 25 segnati (in 27 minuti) a Houston quando è andata male. 52% al tiro da 3, 57% complessivo dal campo, ma soprattutto una sensazione di immarcabilità totale. Non bastano neppure più i raddoppi, forse bisognerebbe quadruplicarlo (ma poi resterebbero quattro altri giocatori in campo): troppo veloce e preciso il rilascio, anche in posizioni di equilibrio precario, per lasciare tempo di fare alcunché. Se proseguisse su questi ritmi, la lotta per il titolo di MVP neppure inizierà.

Nella foto: Steph Curry (da pubpages.unh.edu)

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