La stoccata di Van Dijk a Madinat Al Shamal

Nella punta più settentrionale del Qatar, la zona che un tempo, prima della scoperta del petrolio, rappresentava il cuore del paese arabo, come testimonia l’antica vestigia del forte di Al Zubara da dove la frazione odierna partiva, Ellen Van Dijk ha trovato il suo habitat naturale e lo ha confermato vincendo, per la seconda volta consecutiva, la tappa con arrivo a Madinat Al Shamal. Un bis d’autore per la neerlandese, che ha regalato il primo successo dell’anno nel calendario internazionale anche ai Paesi Bassi e a una corazzata come la Boels, nello stesso scenario dove, 12 mesi or sono, aveva ottenuto l’ultima vittoria in una corsa in linea nella carriera, allora era la 31^ complessiva, oggi è la 34^ perché in mezzo ci sono stati le vittorie a cronometro nel campionato nazionale e ai Giochi di Baku.

Una tappa anche questa spettacolare e resa durissima dal vento, disputata a tutta dal primo all’ultimo metro. Già perché i ventagli si sono aperti fin da subito. Addirittura al secondo chilometro il gruppo si è spaccato in tanti drappelli, davanti 13 atlete, che poi saranno quelle che arriveranno a giocarsi la vittoria, 27 a inseguire, molto frammentate, tutte le altre irrimediabilmente staccate, tanto che concluderanno la prova con ritardi dagli 11 minuti in su.

Nel gruppo di testa sono in forze ancora una volta la Canyon, con Cromwell, Worrack e Brennauer, così come la Boels con Van Dijk, Majerus e Kasper. Inoltre erano presenti Olds e Wild che, senza problemi tecnici, torna a essere una delle maestre della corsa nel vento. Ci sono anche Koster, della Rabobank, e Hanson, della nazionale australiana. Manca invece la leader della generale, Garfoot, con l’Orica rappresentata davanti dalla sola Elvin, che rimane passiva a ruota. Un’altra assenza notevole è quella delle Wiggle, nessuna è riuscita a entrare, così la formazione britannica si mette a condurre l’inseguimento, coadiuvata da un’altra delle squadre escluse dall’azione, la Liv-Plantur.

Per i primi 30 km però l’inerzia è tutta per le fuggitive, anche perché il primo gruppo, se così si può definire, quello di Garfoot, è forte di sole 5 atlete. Poi con i progressivi rientri e le succitate squadre a fare l’andatura le cose cambiano e così, dopo tre ore full gas sia davanti che dietro, si arriva all’ingresso del circuito finale con la situazione molto più aperta. Il distacco è di 1’20” a due giri alla fine, mentre al suono della campana, 13,5 km alla conclusione, è sceso ad appena 45”.

Insomma sembrerebbe riaprirsi tutto, sia per la vittoria parziale che per la classifica, con Garfoot pronta a tornare in corsa nei confronti di Worrack, che nella generale alla partenza era la più immediata inseguitrice a 17”. A dare un colpo alle possibilità della compagna era però incredibilmente Elvin, che dopo essere rimasta a ruota per tutta la frazione, è scattata quando lo striscione dei 10 all’arrivo era alle viste, riaprendo le ostilità nel gruppo di testa. 15 secondi il vantaggio massimo dell’australiana, sulla quale però fanno guardia le Boels, soprattutto una generosa Majerus, che solo quattro giorni fa era a Zolder a piazzarsi nelle 10 ai Mondiali di ciclocross e quindi merita senza dubbio tanti complimenti.

L’avventura di Elvin termina a 3000 metri dall’arrivo. Prende dunque in mano la situazione la Canyon con Cromwell e la stessa Worrack, che si disinteressano della volata ma lavorano solo in ottica classifica. Mentre Wild pregusta già l’ennesimo successo, Van Dijk, che lenta non è ma non può certo competere in velocità con la connazionale, che la batté su questo traguardo nel 2013 tra l’altro, decide di rompere gli indugi e piazza l’attacco ai 1300 m. La potenza dell’ex campionessa del mondo a cronometro è proverbiale e nessuna riesce a tenerlo. Col gruppetto di testa completamente sgretolato. Wild deve lanciare a sua volta una volata lunga un chilometro e quindi non può far altro che arrendersi e accontentarsi del secondo posto, 7 secondi dietro l’arrivo trionfante di Van Dijk.

In terza posizione si piazza Lauretta Hanson, 21enne in gara con la maglia della nazionale australiana (che sarà protagonista del calendario Usa poi avendo firmato con la Colavita), nettamente al miglior risultato della carriera in una gara del calendario internazionale. Comunque aveva iniziato molto bene l’anno col decimo posto nella generale del Tour Down Under e la maglia di miglior giovane. Insomma un altro prospetto da seguire. Quarta Koster, che dà un piazzamento importante alla Rabobank, qui presente con la seconda squadra, davanti a Worrack che si prende la maglia di leader. Garfoot infatti arriva nel gruppo staccato di 59 secondi dalla vincitrice, un drappello regolato da una brava Marta Bastianelli (migliore delle italiane) per l’undicesimo posto e curiosamente chiuso dall’altra azzurra presente in questo gruppo, ossia Marta Tagliaferro.

Dietro a Worrack, la classifica cambia completamente volto alla vigilia dell’ultima tappa. Seconda è l’altra tedesca Kasper, lontana 17 secondi, Van Dijk sale in terza piazza a 31, con Garfoot quarta a 34. La migliore italiana rimane ancora Guarischi, dodicesima a 1’53”. La conclusione sulla Corniche di Doha, storicamente, è sempre stata teatro di un arrivo in volata, quindi per la vincitrice del mondiale junior a Verona nel 1999 il grosso del lavoro sembrerebbe fatto. Però per averne la certezza bisognerà attendere il parere di Eolo durante l’ultima frazione.

Nella foto: il momento dell’attacco di Van Dijk (foto Getty Images)