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Van Aert si veste dell’iride e va verso il grande slam

Per quanto cerchiamo sempre di trovare esaustive spiegazioni analitiche e deterministiche, alla fine nello sport, come nella vita, a fare la differenza sono gli episodi e soprattutto la maniera in cui si reagisce ad essi. A decidere il mondiale di ciclocross uomini élite 2016 infatti sono stati una manciata di secondi, non più di 20, a metà del quinto giro, su uno dei tratti più caratteristici del tracciato di Zolder, il doppio tornante in contropendenza sulla scarpata sul quale per i corridori sono possibili due traiettorie. Entrando nella sezione con una traiettoria particolarmente interna, il campione uscente Mathieu Van der Poel, super favorito della vigilia secondo tutti i pronostici sulla scia delle 4 vittorie consecutive di Coppa del Mondo, è rimasto impantanato nell’abbondante fango che ha caratterizzato tutta questa edizione del Mondiale, costretto a mettere il piede a terra. Il problema è che questa operazione, banalissima e centinaia di volte in ogni gara assolutamente insignificante, è avvenuta proprio mentre da dietro sopraggiungeva il secondo favorito della gara, il vincitore della Coppa del Mondo Wout Van Aert. Il tacchetto della scarpetta dell’iridato 2015, così, andava a incastrarsi proprio sul raggio della ruota anteriore del belga. E ci volevano diversi tentativi e molti secondi, una ventina appunto, per sbrigliare la matassa e poter ripartire, mentre tutti gli altri big si avvantaggiavano e Van der Haar ne approfittava lanciando un veemente attacco.

In questi casi è la reazione a fare la differenza e così, mentre a Van der Poel occorreva tutto il restante tratto della tornata, fino al nuovo passaggio in zona box con cambio bici, per ritrovare un minimo il filo della situazione, Van Aert trae invece dalla sfortuna la forza di reagire e di esibirsi in una rimonta straordinaria, rimontando e staccando gli avversari, fino a piegare in un serrato testa a testa finale Van der Haar e a vincere, a 21 anni e 4 mesi, il primo mondiale élite della carriera, dopo quello under 23 del 2014 a Hoogerheide. Per Van Aert è la sedicesima vittoria, la principale, di una stagione straordinaria, nel corso della quale non è praticamente mai sceso dal podio nelle prove che ha disputato, ma soprattutto è il successo che schiude le porte a uno storico Grande Slam, ossia la vittoria nella stessa stagione dei 4 titoli più importanti del cross: mondiale, Coppa del Mondo, Superprestige e Banque Bpost Trofee, questi ultimi due da ufficializzare negli ultimi due week-end della stagione ma praticamente già in cassaforte. Era dal 2005 che un atleta non centrava un risultato del genere, ovviamente non poteva che essere Sven Nys ad averlo fatto, anche se sul suo risultato occorre apporre un asterisco formale: in quella stagione l’Uci infatti non aveva previsto una classifica ufficiale di Coppa del Mondo, considerandola una serie di prove singole, e il riconoscimento del primo posto di Nys arriva solo da un’ufficiosa somma dei punti che gli atleti avrebbero ottenuto in quelle gare. Nessun altro crossista nella storia c’è riuscito.

Partenza veloce ma sostanzialmente di gruppo, con Van Aert che si mette fin da subito al comando. Il 21enne belga accelera gradualmente e sulla sua ruota rimane Van der Haar, con Van der Poel, partito molto cauto, che ben presto rientra. Il campione uscente anzi tenta l’accelerazione nella seconda parte del giro e riesce a guadagnare una manciata di secondi fino sul traguardo, tanto che si inizia a temere che possa essere l’inizio di uno degli assoli cui il neerlandese ci ha abituato nelle ultime tappe di Coppa. Invece, subito dopo il primo passaggio il 20enne figlio d’arte si rialza e così si riforma il terzetto. La gara si fa quindi molto tattica, Van Aert sta davanti ma non forza, i due neerlandesi lo seguono a ruota evidentemente contenti del ritmo, così gli inseguitori che si erano staccati (a 10 secondi Simunek, che però poi scivolerà inesorabilmente indietro, classificandosi nono, comunque primo dei non belgi e neerlandesi, a 20 tutti gli altri) iniziano a riavvicinarsi e un po’ alla volta chiudono il gap. Rientra prima Pauwels, poi Nys, quindi Meeusen, Sweeck e anche il fratello maggiore di Van der Poel, David. A metà gara sono così otto in testa, prima del momento decisivo.

Dopo l’intoppo dei due favoriti, è Van der Haar che tenta di approfittarne: accelera e rimane solo. Al suo inseguimento si trovano Nys e Pauwels, più staccati gli altri. Van der Poel è il più veloce dei due a ripartire, ma appare abbastanza frastornato. Non ha un’azione efficace, perde un altro paio di volte il pedale, salvandosi tra l’altro con un mezzo capolavoro da una rovinosa caduta sulla ripida discesa che introduce al tratto a piedi, forse c’è anche qualche piccolo problema tecnico, ma più che altro sembra proprio una crisi psicologica. Così il trenino belga con Van Aert, Sweeck e Meusen lo supera, mentre il distacco supera i 30 secondi sul traguardo. Tutta un’altra la reazione del vincitore della Coppa del Mondo, che si rilancia con grande veemenza, e inizia a recuperare posizione su posizione, secondo su secondo.

Sul traguardo passa già quinto, nel corso del terzultimo giro va a riprendere Pauwels e Nys e poi li stacca, portandosi a 12 secondi da Van der Haar. Van der Poel invece trova il fratello, che per quasi un giro lo scorta e gli detta il ritmo. Prova strepitosa quella di David che chiuderà sesto). Questo permette al neerlandese di rinfrancarsi e trovare la forza di iniziare una rimonta che lo porta, nel corso della penultima tornata, a riprendere Nys e Pauwels nella lotta per il bronzo. Davanti intanto la situazione era cambiata, perché sul tratto veloce tra gli alberi nel bosco prima del lungo ponte che porta alla seconda zona box Van Aert aveva ripreso Van der Haar. I due passano assieme al suono della campana, mentre Van der Poel è rimasto solo in terza posizione, anche se a 17 secondi di ritardo. Il campione uscente arriverà fino a 12 a metà giro, ma da lì in poi inizierà a perdere di nuovo.

La lotta per l’oro è tutta davanti. Van Aert fa il ritmo in testa, ma Van der Haar pur sembrando meno brillante, non cede. Anzi, nella ripida discesa prima del tratto a piedi, con una manovra spettacolare sorpassa il belga e tenta un attacco. Questa mossa, pur bellissima tecnicamente, si rivela fatale per il campione europeo che nella foga scende di bici e affronta la scarpata, piena di fango tanto da far sprofondare gli atleti nel percorrerla a piedi, lasciando la catena sul rapporto lungo. Quando arriva il momento di risalire in sella, quindi, il neerlandese si pianta, mentre Van Aert apre quel gap che poi manterrà nel tratto in discesa fino al vicino traguardo.

Mentre tutta l’attenzione è sull’arrivo dei primi due, l’ultima curva regala una sorpresa: per il bronzo non esce Van der Poel, completamente saltato nel finale, ma Pauwels che va a prendere il bronzo con pochi metri di vantaggio su Sven Nys, che arriva inchinandosi e salutando il pubblico nell’ultimo mondiale della sua strepitosa carriera, anche se l’appuntamento iridato, nel quale ha ottenuto due trionfi, a St. Wendel nel 2005 e a Louisville nel 2013, è stato forse l’evento nel quale ha raccolto più amarezze nel suo irripetibile percorso sportivo. Il quasi 40enne fenomeno di Baal ha comunque onorato con una straordinaria prova la sua ultima recita su questo palcoscenico, regalando anche al pubblico mezzo giro al comando nel corso della quarta tornata. E forse questo finale a Zolder assomiglia quasi a un passaggio di consegne con Van Aert, che intanto a soli 21 anni si candida già a battere diversi dei record stabiliti dal miglior crossista degli ultimi 20 anni.

Per Van der Haar si tratta della terza medaglia nel mondiale élite, il miglior risultato della carriera dopo i due bronzi di Louisville 2013 e dello scorso anno a Tabor. In una stagione in cui sono arrivati gli acuti di Valkenburg e soprattutto del campionato europeo ma forse ò mancata la continuità su tutti gli eventi, per il portacolori della Giant si tratta comunque di un ottimo risultato. Per Pauwels invece continua l’abbonamento al bronzo, per il belga infatti è la quarta medaglia del metallo meno pregiato in un Mondiale (St. Wendel 2011, Koksijde 2012, Hoogerheide 2014 i precedenti), senza che sia mai riuscito a salire su uno dei primi due gradini. Dai quali invece non è mai sceso Van Aert, che in due partecipazioni nella massima categoria ha portato a casa un oro e un argento (e ricordiamo che ancora per quest’anno sarebbe stato eleggibile per la categoria under 23).

Categoria under 23 che aveva celebrato il suo Mondiale in mattinata. È stata una gara nella quale è accaduto un po’ di tutto compreso un corridore, Adam Toupalik, che dopo aver attaccato dando fondo a tutte le energie, è arrivato esultante sul traguardo, peccato che ancora mancasse un giro alla conclusione. Tra i grandi protagonisti sfortunati c’è stato anche Gioele Bertolini, per tutta la gara in zona medaglie, prima di una scivolata proprio nel corso dell’ultimo giro, che lo costringerà ad accontentarsi del settimo posto. Prova comunque ottima quella del valtellinese. La vittoria alla fine va a uno dei grandi favoriti, Eli Iserbyt, che si impone battendo in volata proprio Toupalik, che si sta ancora mangiando le mani per l’occasione sprecata e l’incredibile gaffe, con al terzo posto il campione europeo Hermans.

Nella foto: l’arrivo di Van Aert (foto Tim de Waele/TDWSport.com)

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