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Le azzurre del quartetto sul tetto d’Europa, oro e record italiano. Argento per gli uomini, Barbieri 4^ nello scratch

Nella foto: le azzurre sul podio con la maglia di campionesse europee (foto Roberto Bettini da pagina Facebook UEC)

Il 20 settembre 2016 è una data destinata a passare alla storia del ciclismo femminile italiano. Ai campionati europei in corso di svolgimento a Saint Quentin en Yvelines, infatti, per la prima volta la nazionale azzurra si è laureata campionessa continentale dell’inseguimento a squadre, una vittoria particolarmente significativa perché arrivata nella disciplina che rappresenta un po’ il termometro più importante dello stato di competitività di un movimento e soprattutto per la superiorità dimostrata dalle azzurre in tutti e tre i turni di gara. Elisa Balsamo, Simona Frapporti, Tatiana Guderzo, Francesca Pattaro e Silvia Valsecchi le cinque atlete che hanno iscritto il loro nome nell’albo d’oro dell’Europeo, quattro reduci dal bel ciclo dell’ultimo quadriennio, culminato con la storica qualificazione olimpica e le belle prestazioni a Rio, più Balsamo, che a meno di una settimana dal trionfo iridato su strada a Doha, si è messa al collo anche il terzo oro europeo del 2016, il primo a livello élite, nonché il terzo grande successo internazionale in altrettante manifestazioni con il quartetto.

L’Italia è partita nel turno di qualificazione con Balsamo, Frapporti, Guderzo e Valsecchi, facendo fin da subito segnare il miglior tempo assoluto in 4’26”413, per poi superare agilmente nel secondo turno la concorrenza di una formazione solida con la Bielorussia, lasciata indietro di oltre sei secondi. 4’25”479 il tempo fatto staccare in questa fase dalle azzurre, con Pattaro al posto di Balsamo nel quartetto, ancora una volta il migliore.

La finale contro la Polonia, nella quale l’Italia ha schierato la stessa formazione del primo turno, ha visto un certo equilibrio per i primi 2 km, con le azzurre a condurre sempre con un margine attorno ai tre decimi. Poi nella seconda metà di gara è arrivato il cambio di passo della formazione del c.t. Salvoldi che alla fine ha inflitto oltre 5 secondi e mezzo alle rivali, ma soprattutto ha abbattuto con il tempo di 4’22”314 il record nazionale fatto segnare in occasione del secondo turno di Rio ad agosto. E il fatto che in tre grandi manifestazioni disputate nel 2016, Mondiali, Giochi Olimpici ed Europei, per tre volte sia stato abbattuto il primato, sceso in un anno di circa 5 secondi, è un segnale davvero importante. Tanto più tenendo conto dei margini di crescita che indubbiamente ci sono, visto che il quartetto junior, composto da ben 3 ’99, è campione europeo e iridato, nonché detentore del primato mondiale, con la formazione under 23 argento europeo in carica e in generale oltre una dozzina di atlete che comunque combinate possono garantire quartetti in grado di scendere sotto il 4’30”.

Merita due parole anche il quartetto polacco, che prima di inserire in finale l’esperta Kasia Pawlowska, si era affidato a ragazze molto giovani, con Kaczkowsja, Daria Pikulik, Pietrzak e Plosaj, tutte atlete nate tra il 1995 e il 1997. Anche la Polonia è una nazione in decisa crescita a livello femminile, in tutti i settori. Al di là dei successi di Niewiadoma (anche lei tra l’altro giovanissima) su strada, da qualche stagione a livello giovanile sono tante le atlete biancorosse che si mettono in luce, pensiamo a Skalniak, all’altra Pikulik, Wiktoria, a Perekitko, a Nerlo, per dire le prime che ci vengono in mente, che danno l’idea di un movimento davvero vivace, al quale adesso servirebbe strutturarsi meglio attorno a qualche squadra (al momento non ce ne sono affiliate all’Uci) per dare la possibilità a questi talenti di potersi esprimere al meglio.

Al terzo posto completa il podio la Gran Bretagna, che qui si era presentata sostanzialmente con la squadra under 23, formata da Kay, Khan, Lloyd e Nelson, autrici di una prova solida, sempre a cavallo del 4’27, terzo tempo di qualificazione, sconfitta di misura dalla Polonia nel secondo turno e poi successo sulla Francia nella finalina per il bronzo. Quando rientreranno in squadre le olimpioniche di Rio, tutte ancora molto giovani e quindi decisamente arruolabili per il prossimo quadriennio, è facile prevedere che le britanniche torneranno a dominare su tempi che in questo momento nel mondo solo gli Stati Uniti possono avvicinare. Ma se in Europa c’è una nazionale che ha il potenziale per poter avvicinarsi a quei livelli, anche questo Europeo ci conferma che quella è l’Italia. Certamente ci vorrà un cammino lungo che dovrà necessariamente passare non solo dal lavoro da un punto di vista tecnico, sul quale visto il livello delle ragazze e quello dello staff possiamo stare tranquilli, ma anche da una crescita complessiva del movimento femminile da un punto di vista organizzativo ed economico.

Pochi minuti dopo l’oro delle azzurre, il medagliere italiano si è arricchito della seconda medaglia, l’argento conquistato dal quartetto maschile, superato in finale dalla Francia padrona di casa. Si è trattato in sostanza del remake della finale vista a Montichiari a livello under 23, visto che ben 7 degli 8 protagonisti erano gli stessi. Identico lo schieramento transalpino, con Denis, Ermenault, Maitre e Thomas, un solo cambio per l’Italia, con Scartezzini, che ovviamente nella rassegna bresciana era ineleggibile causa età, a prendere il posto che a luglio fu di Plebani e ad affiancare Simone Consonni, Francesco Lamon e Filippo Ganna, che ha debuttato solo in finale sostituendo Liam Bertazzo, protagonista dei primi due turni. La vittoria, proprio come nel precedente, ha arriso alla Francia, stavolta anche in maniera più netta, con un vantaggio nell’ordine del secondo e tre decimi, costruito dai transalpini tra il secondo e il terzo chilometro, prima della tardiva rimonta azzurra, che ha portato a recuperare 8 decimi nelle ultime tornate. 3’57”594 il tempo con cui i padroni di casa hanno festeggiato la prima medaglia d’oro di questa rassegna. Per l’Italia il cronometro si è fermato sul tempo di 3’58”871. Certo, ci si potrebbe rammaricare perché girando sul passo delle migliori prestazioni stagionali l’oro sarebbe stato alla portata, ma questa gara è arrivata al termina di una stagione che per questi ragazzi, tutti molto giovani tra l’altro, è stata lunghissima e molto faticosa, da un punto di vista fisico ma forse ancor di più da quello mentale, si pensi solo a quante energie nervose possa aver portato via l’avventura olimpica, con il pass arrivato praticamente quando i Giochi erano già iniziati, senza contare poi chi, come Ganna, non era in perfette condizioni, limitato dai postumi della brutta caduta di una settimana fa a Doha (dove già il piemontese era parso accusare le fatiche di una stagione lunghissima e affrontata sempre sotto le luci della ribalta). Sotto quest’ottica, l’argento è un ottimo risultato, che dà continuità ai bei risultati dell’ultimo periodo e conferma il quartetto azzurro tra i migliori d’Europa, con la bella vittoria nel secondo turno sulla Danimarca da sottolineare. Spendiamo una parola in casa Francia, oltre che per i quattro giovani schierati in finale, che confermando l’oro di Montichiari, riaffermano anche quanto sia tornato ad essere prolifico il vivaio transalpino nelle ultime stagioni, per Sylvain Chavanel, che aveva girato nei primi due turni e così sul finale della carriera aggiunge questa maglia di campione europeo al suo importante palmarès. In terza posizione anche in questo caso chiude la Gran Bretagna, pure qui con una formazione sperimentale e un solo reduce da Rio, quello Steven Burke che paradossalmente rischia di essere additato come il peggiore dei britannici, visto che dopo il deludente sesto posto di ieri, che ha escluso la formazione sotto le insegne della Union Jack dalla lotta per l’oro, la sua sostituzione con l’inserimento di Wood accanto a Bostock, Emadi e Stewart ha permesso ai campioni uscenti (con tutt’altra formazione ovviamente) di migliorare di quasi sei secondi il tempo, fino a doppiare i Paesi Bassi nella finalina per il bronzo (naturalmente pensare che a provocare tale guadagno sia stata solo una sostituzione è una estremamente superficiale e dozzinale).

Una bella prova per l’Italia è arrivata anche dallo scratch femminile, con il quarto posto conquistato da Rachele Barbieri. Una tattica chiara quella adottata dall’atleta emiliana: battezzare la ruota di Kirsten Wild e tenerla fino alla fine, costi quello che costi. La gara come sempre è stata abbastanza imprevedibile. A metà prova, un gruppetto di sei atlete pareva in procinto di completare il guadagno di un giro, ma in pochi secondi una poderosa accelerazione della neerlandese, vincitrice ieri dell’eliminazione, ha rimescolato completamente le carte. Ne ha approfittato con grande tempismo la lituana Ausrine Trebaite, esperta atleta già vista gareggiare anche su strada in Italia, che ha sorpreso tutte a sette giri dalla fine, andando a vincere in solitaria. Dietro lo sprint per l’argento ha premiato la britannica Elinor Barker, che ha preceduto proprio Wild, che evidentemente aveva speso troppo nei vari inseguimenti, e Barbieri. Per l’atleta della Cylance comunque una buona prova, in una delle prime uscite da élite nella disciplina di cui ricordiamo è campionessa europea under 23, una prova che lascia ben sperare per il futuro e anche per domenica, quando in coppia con Confalonieri parteciperà alla prima americana femminile della storia con una medaglia in palio.

Si sono assegnati anche i due titoli della velocità olimpica. In campo maschile il successo è andato alla Polonia (Bielecki, Kuczynski, Rudyk) che ha sorpreso tutti partendo dal quarto posto del turno di qualificazione, superando in finale per 5 centesimi la Gran Bretagna (anche qui, senza i big che avevano trionfato a Rio, ma con tutti under 23, Carlin, Owens e Truman). Curioso che con il vecchio regolamento in vigore fino alla settimana scorsa i polacchi neppure sarebbero potuti accedere al match decisivo. Per il terzo posto invece la Germania (Engler, Forstermann, May) ha nettamente superato la Francia, oltre mezzo secondo il vantaggio accumulato dai teutonici, che hanno chiuso la finale per il bronzo con un tempo di 3 decimi migliore anche rispetto alla Polonia, aumentando i rimpianti per il passaggio a vuoto in semifinale che aveva vanificato il primo posto in qualificazione. L’Italia con i tre fratelli Ceci si era fermata al primo turno, undicesima. In ambito femminile il titolo è andato alla Russia che partiva con i favori del pronostico con Shmeleva e Voinova, che in finale hanno preceduto le spagnole Casas e Calvo. Terzo posto per la Lituania dell’inossidabile Krupeckaite e della giovane Marozaite, davanti ai Paesi Bassi, qui privi di Elis Ligtlee, che dopo i trionfali Giochi di Rio si è presa una pausa, così come erano assenti Welte e Vogel per la Germania. Davvero ottima la prestazione dell’Italia, con una formazione giovanissima, Miriam Vece classe 1997 e Gloria Manzoni, del 1998. Le due atlete, tesserate rispettivamente per Valcar e Cicli Fiorin, hanno superato il turno di qualificazione con l’ottavo tempo e poi nel secondo turno hanno fatto registrare la sesta prestazione assoluta, centrando così un ottimo piazzamento e dimostrando che anche in un settore nel quale l’Italia negli ultimi anni era risultata pressoché inesistente tra le élite a livello internazionale, ci sono le basi per impostare un progetto importante.

Infine, la sempre spettacolare prova dell’eliminazione maschile ha incoronato lo svizzero Loic Perizzolo, 30enne specialista delle sei giorni al più importante successo in carriera fin qui. Il greco Christos Volikakis, argento, e il ceco Jiri Hochmann, bronzo, gli hanno fatto compagnia sul podio. Davide Plebani ha chiuso 17°, secondo degli eliminati.

 

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